La storia del marchio Moncler – da manifattura alpina a icona del lusso
Nel 1952, in un piccolo villaggio alpino, fu avviata una bottega per la produzione di gilet imbottiti destinati ai boscaioli. Oggi Moncler è una società quotata in borsa a Milano, che genera ricavi superiori a 3 miliardi di euro all’anno. Come una manifattura delle montagne della Savoia è diventata uno dei marchi di lusso in più rapida crescita al mondo?
La storia del marchio Moncler – da un villaggio alpino a un’icona globale
Moncler – abbreviazione di Monestier-de-Clermont – è un’azienda italiana con sede a Milano, ma con radici alpine francesi. Il motto del brand “Born in the mountains, living in the city” esprime perfettamente la sua trasformazione: da attrezzatura tecnica per alpinisti a oggetto del desiderio per la gioventù streetwear e i collezionisti di alta moda.
Oggi è un player globale presente in oltre 70 paesi, specializzato in capispalla di lusso – in particolare nelle iconiche giacche imbottite. Ma per arrivare fin qui, Moncler ha attraversato una spettacolare rinascita dopo la crisi degli anni ’90 che, paradossalmente, ha reso il marchio un simbolo di lusso accessibile solo a pochi.
Nelle prossime sezioni ripercorreremo tutta questa storia: dalle prime spedizioni in montagna e innovazioni tecniche, passando per gli anni difficili e il quasi fallimento, fino all’acquisizione da parte di Remo Ruffini e alla strategia che ha permesso a Moncler non solo di tornare protagonista, ma di ridefinire il concetto di lusso nella categoria outerwear.

foto: moncler.com
La nascita di Moncler: dal K2 alle Olimpiadi
Gli anni subito dopo la Seconda guerra mondiale: i villaggi alpini sono ancora piuttosto centri industriali che località sciistiche. Nel 1952 René Ramillon e André Vincent fondano a Monestier-de-Clermont, vicino a Grenoble, una piccola officina. Il loro obiettivo? Cucire giacche e sacchi a pelo imbottiti per i lavoratori locali, gli alpinisti e gli sciatori che hanno bisogno di qualcosa di veramente caldo. Nessuno pensa ancora alla moda: ciò che conta è sopravvivere al freddo estremo.

foto: moncler.com
Dal K2 alle Olimpiadi: come è nata la leggenda
La svolta arriva due anni dopo. Nel 1954, una spedizione italiana sul K2 (8611 m s.l.m.) porta con sé le giacche Moncler. Non si tratta di un semplice test: questa montagna è una delle sfide alpinistiche più difficili. L’attrezzatura torna con la conferma: funziona, anche quando la temperatura scende sotto i -40°C.
“Le giacche Moncler hanno resistito a condizioni in cui l’abbigliamento standard semplicemente fallisce” – rapporto dalla spedizione al K2, 1954
Le successive pietre miliari si allineano in una linea retta:
- 1968 – l’iconica giacca Maya veste gli olimpionici francesi a Grenoble
- 1972 – la sponsorizzazione della spedizione sull’Everest consolida la posizione di leader nella tecnologia d’alta montagna
- 1980 – introduzione del nylon Loden, un materiale leggero e impermeabile che fa la differenza nelle lunghe spedizioni
Moncler diventa sinonimo di innovazione: dall’importazione del nylon dagli Stati Uniti negli anni ’50 fino ai propri tessuti perfezionati nel decennio successivo. Sperimentare al limite delle possibilità: è proprio questo che costruisce la reputazione che permetterà al marchio di superare le turbolenze successive.
Dalla quasi bancarotta al trionfo in borsa
Alla fine degli anni ’90, il marchio che un tempo vestiva gli alpinisti himalaiani era sull’orlo del fallimento. Passava di mano in mano: proprietario francese, distributore italiano, successive fusioni. Nessuna visione coerente, distribuzione caotica, identità sfumata. Le vendite calavano, le giacche finivano negli outlet. Vicino alla bancarotta.
Remo Ruffini e il playbook della rinascita del lusso
Nel 2003 l’imprenditore italiano Remo Ruffini acquistò Moncler per circa 1 milione di euro. Sembra l’affare del secolo – e così in effetti è stato. Trasferì la sede a Milano, azzerò tutto e puntò su una scelta radicale: Moncler smette di essere un outdoor brand e diventa un marchio di lusso. Niente più collezioni in eccesso, niente modelli economici per le masse – anzi, il contrario. Meno, meglio, più caro. Identità coerente, boutique prestigiose, zero compromessi.
Numeri che parlano da soli
Effetti? Una crescita media del 21% all’anno per due decenni. I ricavi nel 2021 hanno raggiunto circa 1,5 miliardi di euro. Nel 2013 la quotazione in borsa a Milano, e la capitalizzazione nel 2025 si aggira intorno ai 20 miliardi di euro.
| Anno | Pietra miliare |
|---|---|
| 2003 | Acquisizione da parte di Ruffini (circa 1 mln EUR) |
| 2013 | IPO alla Borsa di Milano |
| 2021 | Ricavi circa 1,5 mld EUR |
| 2025 | Capitalizzazione di circa 20 mld EUR |
Ruffini detiene ancora circa il 20% delle azioni – i commentatori lo chiamano il “padre della rinascita” di Moncler. Un visionario, non uno speculatore.
Come Moncler è diventato l’uniforme del lusso urbano?

foto: moncler.com
Basta una passeggiata invernale per New York, Milano o Shanghai per notare un motivo ricorrente: piumini lucidi con il caratteristico logo del gallo sulla spalla. Moncler non è più solo un’attrezzatura funzionale da montagna: è diventato una divisa riconoscibile del lusso urbano.
Da un piumino funzionale a simbolo di status
Punto di svolta? Lo slogan “Nato in montagna, vive in città”. Il marchio ha iniziato a progettare pensando alle strade delle grandi metropoli, mantenendo però il DNA alpino: piuma, materiali tecnici, resistenza al gelo. Ma è stata Mary J. Blige nel 1994 – quando acquistò una giacca per circa 100 USD – la pioniera del boom che sarebbe arrivato un decennio dopo. Oggi la stessa giacca costa 1500-2000 EUR, il che dice molto sulla trasformazione dell’immagine.
Dopo il 2008 Moncler è diventato un elemento fisso dello streetwear di lusso. Il codice distintivo del marchio è:
- Logo-kogut sulla spalla: identificazione immediata
- La caratteristica lucentezza dei piumini trapuntati
- Patch “Moncler” con il nome della collezione
- Silhouette oversize, ma curata nei dettagli

foto: moncler.com
Genio, celebrità e cultura hypebeast
La piattaforma “Moncler Genius” (dal 2018) è una collaborazione con designer come Riccardo Tisci o Pierpaolo Piccioli: ognuno crea la propria mini-collezione. Ambasciatori? Wang Yibo in Cina, Yeonjun dei TXT in Corea: il marchio comprende che oggi il lusso si costruisce attraverso la cultura, non solo con la pubblicità. Il risultato: Moncler non è solo una giacca, ma un simbolo di appartenenza a un mondo dove lo stile incontra la funzionalità.
Modello di business, numeri ed espansione globale
Moncler è oggi uno dei player in più rapida crescita nel mercato del lusso: un gruppo che, in due decenni, è passato da una manifattura specializzata in abbigliamento in piuma a un colosso globale valutato oltre 15 miliardi di euro. Una crescita che compete con giganti come LVMH o Kering, ma costruita su un’offerta molto più ristretta e focalizzata.
Da dove provengono i ricavi di Moncler
Ok. Il 90% dei ricavi proviene dall’outerwear, principalmente giacche imbottite con uno standard di riempimento 90/10 (90% piumino, 10% piume). Questa concentrazione su una sola categoria – rara nel mondo del lusso – si è rivelata un vantaggio, non un limite. Numeri? Impressionanti:
- 2021: ricavi ~1,5 mld EUR
- 2024: oltre 3 mld EUR (+7% a/a)
- Previsione per il 2025: crescita del 5-10%
- CAGR 2003-2023: 21% (ovvero una crescita stabile a due cifre per due decenni)
Per confronto, la maggior parte dei marchi di lusso si batte per una crescita annua del 3-5%. Moncler mantiene il ritmo di una start-up, nonostante sia già un brand affermato.

foto: moncler.com
Stone Island, l’Asia e la corsa con i giganti del lusso
Nel 2020 il Gruppo Moncler ha acquisito il marchio italiano Stone Island per circa 1,15 miliardi di euro: una mossa che ha rafforzato la posizione nel settore streetwear e nell’abbigliamento funzionale, completando il profilo del portafoglio. Oggi il gruppo conta negozi in oltre 30 paesi, ma il vero motore della crescita è l’Asia: la Cina registra una crescita a doppia cifra anno su anno e l’evento City of Genius a Shanghai o Tokyo attira folle numerose. È una geografia su cui anche LVMH e Kering puntano le loro scommesse più importanti – e Moncler compete con loro per la fedeltà della stessa clientela giovane e digitale.
Innovazione dei materiali e lusso responsabile
Cosa rende una giacca in piuma da 5000 zł più calda di una da 500? Moncler non basa la sua reputazione solo sul logo: all’interno si trova una tecnologia avanzata, testata nelle condizioni alpine.
Cosa si nasconde all’interno di un piumino Moncler
La classica giacca del marchio è un insieme di parametri specifici:
- Imbottitura: piumino 90/10 (90% piumino, 10% piume) con una capacità di riempimento superiore a 700 fill power
- Impermeabilità: tessuti con un parametro di circa 20.000 mm colonna d’acqua
- Intervallo di temperatura: test in condizioni fino a -40°C
- Materiale: nylon (incluso nylon Loden) – leggero, resistente, sviluppato durante spedizioni alpine
Sono proprio le innovazioni nei materiali, a partire dagli anni ’50 – quando René Ramillon testava i tessuti sui pendii del Monte Bianco – che sono diventate il DNA del marchio. Nylo Loden? Forse non suona lussuoso, ma funziona.

fot. moncler.com
RDS, niente pellicce e un nuovo volto del lusso
Negli ultimi anni si è assistito a una svolta verso la responsabilità. Moncler è passato al Responsible Down Standard (RDS) certificato, che garantisce l’approvvigionamento etico della piuma. Sta inoltre abbandonando gradualmente le pellicce – sia naturali che sintetiche – per concentrarsi su alternative sintetiche.
Un aspetto importante: circa l’80% della produzione avviene in Italia, il che consente di controllare la filiera e ridurre l’impronta di carbonio. E le innovazioni più recenti? La collaborazione con Jony Ive e lo studio LoveFrom sul “reinvented button” e sull’hardware: una fusione di moda, design e tecnologia in un unico bottone.
Sembra un dettaglio? Forse. Ma sono proprio questi dettagli a distinguere il lusso da una semplice giacca costosa.
Dove sta andando il marchio Moncler? Sfide, controversie e futuro
Da una piccola manifattura che cuciva giacche per alpinisti a una potenza globale valutata miliardi di euro – Moncler ha percorso una strada straordinaria. Ma sette decenni di successi sono una garanzia di altri anni di dominio? Non necessariamente. Il marchio si trova di fronte a domande che potrebbero definire il suo futuro in un mondo del lusso in continua evoluzione.

fot. moncler.com
Tra leggenda di montagna e lusso da oltre 1.500 USD
Si sente sempre più spesso la critica: una giacca che negli anni ’90 costava circa 100 dollari, oggi è una spesa di oltre 1.500 USD. Per alcuni è un’evoluzione naturale di un marchio premium, per altri è la “gentrificazione” dell’outdoor, che allontana Moncler dalle sue radici alpine. Un’azienda che produceva attrezzatura per Walter Bonatti doveva davvero diventare un simbolo di status nelle strade di Milano e Hong Kong? La domanda non ha una risposta semplice.
Le sfide che attendono:
- Stagionalità – sarà possibile ridurre la dipendenza dall’inverno grazie alle nuove linee?
- Prezzo vs. autenticità – come conciliare un listino di lusso con il DNA outdoor?
- Sostenibilità – RDS e stop alle pellicce sono un buon inizio, ma le aspettative crescono
Scenario per il 2026 e oltre
Gli analisti prevedono una crescita dei ricavi superiore al 10% annuo, principalmente grazie all’espansione in Asia e agli investimenti in tecnologia (inclusa l’IA per la personalizzazione). Moncler Genius ha dimostrato che il marchio sa reinventarsi: la domanda è se questo basterà a mantenere la posizione in un’epoca in cui il lusso deve essere non solo bello, ma anche responsabile. Vale la pena seguire questo caso come studio su come un marchio storico riesca a bilanciare tradizione e futuro.
Stassi S
redazione moda & bellezza
Luxury Blog







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